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Un ricordo di ieri, la certezza di oggi (ovvero in ricordo di Falcone)

Il 23 maggio del 1992 avevo diciassette anni. Quel giorno, intorno alle 6 di pomeriggio, nell’ora in cui Falcone moriva, ero su una strada anch’io. Scendevamo da Ragusa a Camarina sull’auto di un mio amico, sospesi nella calura del maggio, sfrecciando tra carrubi, ulivi e muretti a secco. Dal picco dove inizia la strada si vedevano, giù in fondo, le casupole di Comiso e Vittoria, poi, lontano all’orizzonte, il mare, infine il sole che in esso calava a picco. Presi nei discorsi, con buona probabilità, si parlava di futuro, di partenze, di esempi eroici: Gobetti, Gramsci, Vittorini, Pasolini, Sciascia. E, certo, di Falcone. In quei giorni quel magistrato era per noi già come una pietra vivente di memoria. Significava stare dentro alle cose, lottarci dentro, non impugnando le armi come durante la guerra e la resistenza al fascismo, ma dandoci dentro con una pala di idee, con documenti, perquisizioni, intercettazioni, e quant’altro. Era un esempio che bastava ad infiammarci, a farci credere che ciò che avevamo sempre letto nei libri, nelle pagine di storia, l’unità, le lotte operaie, il dialogo alla prova, contro lo stragismo, il terrorismo, potevano finalmente essere esempi concreti, vivi nell’oggi. Si può, un tardo pomeriggio di sole, vedere esplodere in mille pezzi, su una strada di Sicilia, le sue idee, senza pensare poi, sconsolati, almeno per un istante, che non rimarrà più nulla di buono al mondo, da pensare, da dire, perfino da fare? Che forse non resterà nulla di vivo, una compagna, un amico, un padre, o anche semplicemente un pensiero, una parola, un libro? Si può, ma solo per un momento della nostra vita. Poi si deve ricominciare a credere.

Ricordo la rabbia della gente, la paura dei politici. Dove stanno oggi? Ricordo qualche intellettuale siciliano indignato, qualche altro scrisse il suo bravo articolo di fondo. Poi il nulla. Sono passati anni: dove
è finita la mafia? E’ sempre lì piantata dentro le viscere di questa terra, e anche se ormai tutti parlano di successi, di catture altisonanti, sembra quasi di vedere il suo ghigno sprezzante in ogni gesto, in ogni parola disonesta, ipocrita, opportunista, detta per caso, continuamente, da chiunque. E quel ghigno mi pare di vederlo crescere anche nella campagna elettorale. Da apparenti insospettabili: un politico, un avvocato, un docente, un medico, uno studente, dappertutto. Guardata con questo stato d'animo, oggi, la Sicilia, sembra sempre la stessa: grandi e calorosi sorrisi, atroci omicidi. E il sole, la terra, ne sono muti testimoni ogni giorno. Da secoli è così. E' un emblema di questa Italia di oggi, indifferente, qualunquista, superficiale, senza memoria. La mafia non esiste, disse qualcuno. Già. Eppure se ripasso sul lungomare di Scoglitti, soffocato dalle case quasi fin dentro al mare, o dalle palazzine grigie dei quartieri bassi di Vittoria, o pure da uno dei ponti più alti d’Europa, il ponte di Modica, sembra di sentirne come l’odore, nauseante, che si conficca in fondo al naso, un puzzo che arriva fin dentro lo stomaco e si trasforma in una fitta e un strattone. O ancora nella via principale per il giorno del venerdì santo, in mezzo ai vestiti della festa, sembra di vederne spuntare le sembianze, come l'ombra di un animale feroce impressa sul muro, sempre in attesa di assalire. Dico Vittoria per dire qualsiasi città della Sicilia, dell’Italia, forse del mondo. Se si prova un attimo ad appuntire lo sguardo, se ne vedono le macerie, i calcinacci, le pietre, i rifiuti, tutto il degrado di una terra lasciata a sé stessa. Sono macerie d’idee, d’esempi, di memoria. Dove sono finiti quegli esempi? Ma forse, allora come oggi, la Sicilia era ed è anche altro. Se in Puglia è stato possibile rompere gli schemi, se anche a Milano il vento può cambiare,
forse perfino la Sicilia pu
ò e deve essere diversa.

E quel giorno, mentre, ragazzi, sfrecciavamo sulla strada, ci apparivano nomi su cartelli stradali di citt
à ignote ai più ma gigantesche nei ricordi d’infanzia di qualcun altro…Donnafugata…Santa Croce…ma subito sparivano per lasciare il posto ad altri nomi: Piazza Fontana, Via Fani, Punta Raisi, Capaci, morte. Questo è stato sempre. Poi, giunti a casa, mentre attendevamo i risultati delle partite al televideo, squillava il telefono. Non era la voce agognata di ragazza, quella che attendevamo al telefono. Era una voce impastata di stupore e rabbia, una voce di vecchia. Diceva: “E’ morto Falcone. E’ finita”. Quella voce sconosciuta, ogni tanto, mi risuona nella mente. Accade ogni volta che qualcosa va male, ogni volta che si infrange una speranza, per me e per gli altri. Mi è accaduto il pomeriggio dell’11 settembre 2001 a Firenze mentre tornavo a casa in bus e crollavano al suolo le Torri Gemelle a New York, o dopo aver visto dare la morte in un pomeriggio di luglio dello stesso anno, a Genova. E chissà quante altre volte sarà così, sarà come alzarsi un mattino e non immaginare più di poter vedere la sera.
Eppure dopo tutto, nonostante l’ingiustizia, l’indifferenza, si ha voglia di pensare che un altro mondo sia possibile. Finch
é qualcuno ricorda ciò che è stato, quel giorno, quel pomeriggio come un altro, anche ad essere soli in mezzo ad una piazza vuota, seduti al centro, per terra, in una posizione scomoda, difficoltosa, esposti al ludibrio degli altri, emarginati dai soliti ghignanti vincitori, ed esserlo con la forza e la dignità dei leoni, della giustizia, dell'onestà, fino ad apparire, se guardati da lontano, da un colle distante chilometri o anni, come un puntino, ma da vicino come un mattone solido, il primo mattone di una lunga serie, un basamento di idee e pensieri per resistere e per cambiare. Come girare per le strade e convincere la gente che si può cambiare, che non tutti i partiti o i candidati sono uguali, allora sì, ne sono certo, varrà la pena di continuare a lottare insieme per cambiare le cose anche in Sicilia, oggi, come in qualsiasi altro posto. E certo si troverà sempre qualcun altro per farlo, prima uno, due, poi dieci…poi cento e mille, fino ad essere milioni. Partirono in pochissimi e unirono l'Italia, salirono in pochi sui monti e sconfissero il fascisti. Si può scendere in piazza ed essere in quattro gatti, e sconfiggere così la mafia. Si può conquistare una roccaforte politica impensabile, con la forza delle idee. Tutto è possibile. Si può.

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(Fonte Internet)

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