diavolo

Di Nola, l'antropologia e le religioni

Riproporre le idee di Alfonso Di Nola a dieci anni dalla sua morte, è un modo utile per affrontare seriamente, e in maniera profondamente laica, lo studio del fenomeno religioso, superando due imperdonabili errori in cui troppo spesso si cade: la manipolazione dei dati sul mondo religioso, attuata in primo luogo dalla chiesa cattolica e messa in atto per dimostrare la superiorità del cristianesimo; la scorretta angolatura da cui esso si osserva, ovvero la proliferazione dei pregiudizi sulle altre religioni che si acquisiscono con l'insegnamento nelle scuole italiane e la parallela banalizzazione svolta, molto spesso, da alcuni giornali e dai media. In Italia, ancora oggi, malgrado la grande scuola facente capo (con tutte le differenze del caso) a Raffaele Pettazzoni, Ernesto
De Martino e, appunto, di Di Nola,
è sottovalutata,
per non dire ignorata, l'antropologia religiosa.
L'antropologia religiosa
è un metodo di studio della religione che tiene conto della sua interazione con il mondo e dei molteplici contesti culturali, quindi anche politici ed economici, in sui essa si manifesta. Secondo Di Nola infatti attraverso la religione «l'uomo esprime e supera la sua fondamentale angoscia esistenziale ed economica attraverso meccanismi che egli stesso crea per sopravvivere e per evitare il crollo nella non-storia» (A. Di Nola, Antropologia religiosa, p. 14). Si tratta, con un contributo di indubbia originalità, di qualcosa di simile a ciò che De Martino chiamava «crisi di presenza», quando cioè tutto avviene come se l'uomo non ci fosse. La religione vista come un modo, messo in atto da parte dell'uomo, per dominare la sua angoscia esistenziale.
In una recensione al libro di Di Nola Antropologia religiosa, Pier Paolo Pasolini scriveva:
«L'insegnamento antropologico ha aiutato a vincere e a vanificare la grave tara etnocentrica e culturocentrica e, nella fattispecie, la "violenza immorale" (in Italia) del neo-idealismo e del crocianesimo, che portano alla negazione della comprensione di ogni uomo (non occidentale) come portatore diversità e di alienità» (P. Pasolini, Alfonso Di Nola. Antropologia religiosa, in Id., Saggi sulla letteratura e sull'arte, a cura di W. Siti e S. De Laude, con un saggio di C. Segre, vol. 2, Mondadori, Milano 1999, p. 2135).
Non
è un aspetto da sottovalutare e soprattutto, per il periodo in cui veniva individuato, appare davvero lungimirante. L'antropologia culturale e religiosa, secondo l'accezione data da Di Nola, consente dunque di riconoscere il diritto di cittadinanza all'interno della storia a quegli uomini "diversi" dalla cultura occidentale che vivono la propria vita secondo esperienze differenti da quelle nostre. Ogni espressione religiosa, ogni rappresentazione mitica e ogni comportamento rituale si sono presentati come fondati su elementi reali, su quella realtà che una cultura presume come tale: «il che consente di qualificare vere, culturalmente vere, tutte le religioni ed educa ad evitare la costruzione di scale mistificatorie di valori di maggiore o minore verità all'interno di esse» (A. Di Nola, Antropologia religiosa, pp. 16-18). Al fondo di questo ragionamento, decisivo, oggi più che mai, per il dialogo tra le diverse religioni nel mondo, sta l'idea che ogni esperienza religiosa è culturalmente reale, vera, ed ha diritto di pari cittadinanza nel mondo. Prima o poi la cultura italiana italiana dovrà chiarire quanta riconoscenza l'antropologia culturale deve
attribuire ad Alfonso Di Nola [...]

dinola
(Archivio Fondazione Di Nola)

D'altra parte non
è affatto facile raccogliere l'eredità di Di Nola: per lui il confine tra storia delle religioni e antropologia era estremamente labile, il che fa storcere il naso ai seguaci degli specialismi e, più in genrale, al mondo accademico. Lo studioso gragnanese sostiene, infatti, proprio nell'introduzione generale all'Enciclopedia: «Le strutture religiose sono state analizzate nella loro dinamica di rapporto con tutte le componenti umane cui appartengono, al di fuori di ogni schematizzazione precostituita: respingendo la prospettiva che isola la vita religiosa in una sua presunta autonomia assoluta». Si capisce subito quanto sia difficile rinchiudere in uno spazio disciplinare specifico un'opera e una personalità, a dir poco complessa e duttile, tendente all'eclettismo, come quella di Alfonso Maria Di Nola. Approdato dal marxismo critico allo studio della psicanalisi, poi all'illuminismo laico e intransigente, passando per l'incontro con Croce, le lotte sindacali al fianco dei preti operai francesi e la condanna di Pio XII, negli anni Settanta Di Nola divenne Professore di Storia delle Religioni e Antropologia culturale prima all'Università di Arezzo, poi all'Istituto Orientale di Napoli e, infine, all'Università di Roma. Nelle sue opere traspare tutta la sua versatilità di interessi. In La morte trionfata e La Nera Signora tratteggia due grandi affreschi sul lutto; in Lo Specchio e l'olio descrive e analizza le superstizioni degli italiani, con rigore scientifico misto a sferzante ironia, sovvertendo i tradizionali giudizi sulla loro negatività, e da lui definite, piuttosto, "rassicuranti", "innocue" e "positive"; nel saggio Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana ricostruisce, gramscianamente, il rapporto tra cultura cattolica dominante e cultura popolare, scoprendo, per esempio, che in Toscana andavano dalle maghe anche operai di buon reddito, da sempre iscritti al Pci; in L'inchiesta sul diavolo ricostruisce le vicende di Satana e la sua universale e malefica presenza presso tutte le religioni e i popoli dall'antichità ai nostri giorni, come personificazione del Male.
Di Nola fu soprattutto un maestro di laicit
à, libero pensatore in un paese come l'Italia dove l'egemonismo cattolico più intransigente si sente unico interprete dei problemi religiosi. Viene da chiedersi: per quanto tempo ancora?

(Estratto da:
“Il Ponte”, n. 5-6)

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