Qualche pensiero dalle Oblate

Stamattina ho letto che Asor Rosa sul manifesto sostiene che non c'è più tempo, perché un gruppo di criminali e affaristi ha preso il potere e una maggioranza corrotta e indegna vota qualsiasi cosa. Occorrerebbe, quindi, a suo avviso, un intervento del capo dello Stato che, appoggiato dalle opposizioni e coadiuvato dalle forze dell'ordine, sciolga le camere e sospenda le immunità parlamentari. Parole pesanti, sicuramente estreme, ma che devono far riflettere sulla situazione che stiamo vivendo.
Nel pomeriggio, poi, ho ascoltato Rodot
à che ha chiesto alla magistratura di resistere per tenere in piedi quel poco di stato di diritto che è rimasto e che ha smentito la filastrocca ricorrente che vorrebbe maggiori poteri all'esecutivo per fare finalmente le riforme: ha spiegato, lucidamente, che negli anni settanta le riforme più importanti per la storia di questo paese
le ha fatte tranquillamente il parlamento, altro che esecutivo forte.
Asor Rosa e Rodot
à non sono due estremisti scalmanati. Uno è stato critico letterario, l'altro un giurista. Entrambi hanno fatto diverse esperienze politiche nella sinistra, conoscono la storia del paese, non sono due sprovveduti.
La situazione, a loro avviso, sta indubbiamente precipitando.

Oggi, alla Camera, quantomeno, le opposizioni sono state compatte, il che potrebbe far sperare in un minimo di unit
à di azione. Voglio ricordare che le piaghe, che oggi si sono incancrenite sui processi, in realtà vengono da lontano: dall'approvazione del decreto Berlusconi bis, a cui il Pci non fece un'opposizione adeguata, al rimando continuo del conflitto di interessi, su cui i governi di centro-sinistra dei vari Pds, Ds, Margherita, etc fino al Pd, hanno enormi responsabilità. Questo va detto semplicemente per dovere di cronaca o di storia che sia.
Che fare dunque? Io credo che l'opposizione debba riflettere su quello che sta succedendo in Italia dal 1984 ad oggi. Non certo fermarsi a contemplare il passato, ma volgersi verso il futuro, e non per lanciarsi in un frenetico attivismo di piazza, ma riconoscendo che si
è creata una situazione del tutto nuova, perché si delegittima tutto, la Corte costituzionale, il Csm, il parlamento, la presidenza della Camera, quella della repubblica. E' necessario risolverla con il consenso di una nuova maggioranza. Per esempio, fare un'attenta critica dei propri errori e delle proprie recenti e meno recenti azioni, porterebbe alcune persone a riavvicinarsi alla politica e a questa opposizione. Riconoscere, ad esempio, che il proprio linguaggio politico è ormai inadeguato, è sprofondato per intero nel passato. Non si può sperare neppure nella sola magistratura, né tanto meno nella rivoluzione: gli italiani sono dei rammolliti, non l'hanno mai fatta, figuriamoci se la farebbero oggi.
No, occorre riprendere l'iniziativa a livello locale, riunirsi nelle singole citt
à, mettere alcune regole sull'elezione della nuova classe politica, non solo il divieto di candidatura a seguito di condanne a vario livello, ma anche, a questo punto, il divieto di ricandidatura a chiunque abbia finora svolto incarichi politici ufficiali a tutti i livelli, dai comuni di 2 mila abitanti al parlamento. Mettere un limite di età per candidarsi, tipo 60 anni. Si potrebbe, ad esempio, ricominciare da qui per rinnovare completamente la classe dirigente. Qualcuno dirà che potrebbe anche essere un rimedio inutile. Si, è vero, ma peggio della politica che abbiamo oggi non potrebbe mai essere. E quindi varrebbe comunque la pena di provarci. Sarebbe quanto meno un modo per diminuire il drastico tasso di disoccupazione giovanile di circa mille unità.

Allo stato attuale, non sappiamo cosa diventer
à domani questo paese, quali saranno le dimensioni di questa crisi economica, politica, sociale, culturale e adesso anche dello stato di diritto. Manca solamente che l'esercito prenda il potere e non ci saremmo fatti mancare nulla. Ma in Italia l'esercito conta quanto il due di coppe quando la briscola è a spade e poi sarebbe chiedere troppo vivere un vero golpe come nei film.
Qualunque cosa accada bisogna prendere atto che la societ
à italiana, dagli anni ottanta in poi, è molto cambiata, ha allentato i suoi anticorpi democratici, è stata plasmata e indirizzata verso una deriva populista nazional-popolare mediatica plebiscitaria. Purtroppo questo è un dato di fatto. Lo si è visto a partire dai referendum sulla conferma dell'ergastolo, ai mancati quorum per certe leggi sui diritti civili, fino ad alcune votazioni con i vari simboli ad personam, con la sinistra a rincorrere la destra, lo dimostrano perfino i dati dell'audience di raiuno in prima serata, qualsiasi cosa mettano in programmazione, sempre gli stessi. Occorre semplicemente prendere atto di ciò e provare a ricostruire un tessuto connettivo nuovo, partendo da certi capisaldi: i diritti sanciti nella nostra costituzione, una delle migliori del mondo, gli esempi di certe democrazie straniere, sul versante della politica economica, del welfare, del lavoro, il fermento di vita e di speranza proveniente dal sud del mondo. Non rimane che mettersi dunque all'opera, ognuno nel suo orizzonte.

scendo
(Archivio Alinari)

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